Il 3 febbraio a UFC Belem, un nuovo prospetto debutterà nella promozione: Priscila Cachoeira dovrà affrontare Valentina Shevchenko. Ma la strada verso l’ottagono non è stata per niente semplice, ha dovuto superare alti e bassi:
“Una serie di cose mi hanno ferito dentro. Sono stata maltrattata da mio padre, diceva che non ero sua figlia, mi ha fatto male. La cosa buffa è che lo vedo ancora come il mio idolo. Ho giocato a pallavolo, ma sono stata pugnalata alle spalle e tolta dalla squadra. Nel frattempo sono stata molestata da uno che allora era un membro della mia famiglia, il mio fratellastro. E ho beccato il mio fidanzato mentre mi tradiva.”
La giovane brasiliana voleva diventare una giocatrice professionista di pallavolo, ma a quel punto non le importava più nulla della scuola e degli sport:
“Ho iniziato ad andare alle feste ogni giorno e ho incontrato persone che facevano uso di droghe. La mia vita è cambiata, ho mollato gli studi e lo sport e ho iniziato a dormire di giorno e andare alle feste ogni notte. Così ho iniziato a usare marijuana, cocaina e crack. Per molto tempo ho fatto uso di crack, più di tre anni. Il crack mi ha quasi ucciso. Volevo uscirne. Sapevo che stavo morendo, sapevo che stavo uccidendo me stessa, ma non riuscivo a smettere. Il mio corpo chiedeva altre droghe e io non riuscivo a controllarmi.”
La madre era disperata tanto che ha iniziato a dare i soldi alla figlia per comprare la droga, per evitare il peggio:
“Pensavo che lei fosse una complice nella mia tossicodipendenza. Ma ora capisco che mi dava i soldi così da evitare che andassi a prostituirmi o a rubare cose. Non sono arrivata a tanto. Ho usato il crack per tre giorni di seguito e avevo già finito i soldi, ma gli altri iniziavano a comprarlo per me. Il terzo giorno, io non ce la facevo più, il mio corpo non ce la faceva più, ma non avevo la forza per alzarmi e mollare tutto questo. La mia vista era sfocata, ero disorientata. Volevo uscire. Ho guardato verso la porta e ho visto una luce, ho visto qualcuno che veniva verso di me. Ho riconosciuto il vestito e ho detto ‘È mia madre’. Gli altri drogati se ne sono andati spaventati, e anch’io me ne volevo andare perché ho pensato che mi avrebbe picchiato. Ha evitato le trappole messe per i poliziotti e mi ha detto ‘andiamo a casa’. Mi ha abbracciato e abbiamo iniziato a piangere. Gli altri drogati sono tornati indietro appaludendo e dicendo ‘avrei voluto avere una mamma come la tua, non tornare mai più qui’. Ho lasciato quel posto e non ci sono più tornata. Sono stata salvata quel giorno.”
Priscila è tornata a fare sport, non più pallavolo però, ha iniziato a frequentare una palestra di muay thai e poi si èavvicinata alle mma come il fratello:
“Le droghe stavano uscendo fuori dal mio corpo attraverso il sudore. Ho avuto qualche piccola ricaduta, lo ammetto, ma la mia forza di volontà era più forte. Quando mi sono resa conto del talento che avevo nel combattere, ho deciso che volevo fare qualcosa per me stessa. Due anni fa, quando ho deciso che avrei combattuto, ho detto a mio fratello che sarei diventata una fighter di UFC entro tre anni. Si è messo a ridere e in un certo senso dubitava di me. Ma adesso sono qui, due anni dopo. Quando prometto una cosa la faccio.”
Priscila ritiene che il suo passato difficile sia la sua forza più grande ora:
“Il mio passato è stato quello che mi ha fatto arrivare così velocemente in UFC. Questo passato mi dà la forza di entrare nella gabbia e fare del mio meglio. Ogni volta che combatto è una guerra. Voglio superare ogni record e diventare l’atleta UFC con più bonus vinti. Non per i soldi – che sono importanti ovviamente – ma amo dare spettacolo per intrattenere la folla.”
Il 3 febbraio in Brasile dovrà affrontare la Shevchenko, vista come una delle future contendenti al titolo delle 125 libbre, ma Priscila crede che potrà arrivare alla cintura molto presto:
“Dico sempre che due o tre buone vittorie, con un bello spettacolo per i fan, mi permetteranno di ottenere una title shot. Il duro lavoro e la determinazione fanno avverare i sogni, più velocemente di quanto pensi.”