Dopo aver dato l’ufficialità del suo ritiro la settima scorsa, Michael Bisping riflette su questa scelta fatta ai microfoni di The MMA Hour lunedì, ripercorrendo la sua carriera lunga 14 anni e ammettendo di aver pensato ad un ultimo match per le ragioni più sbagliate:
“È stato un percorso pazzasco, è stato fantistico, ma guardando quel film [Journeyman] ho capito che era arrivata la fine. Non posso più fare questo alla mia famiglia. Non posso più farlo a me stesso. Il mio occhio è in pessime condizioni, e sto avendo qualche problema anche con l’occhio buono. Nessuno vuole diventare cieco, perciò non ne vale la pena. Il mio ginocchio mi da ancora problemi. Faccio ancora dei trattamenti tre volte a settimana, e non sembra migliorare. Oltretutto ho quasi 40 anni. Ho fatto più incontri di chiunque altro in UFC, ho più vittorie di chiunque altro, ho vinto la cintura, ho fatto un po’ di soldi, ho combattuto in tutto il mondo letteralmente. Che altro c’è da fare? Saresti uno sciocco a continuare. Ora, questo non vuol dire che non mi mancherà terribilmente. Mi mancherà ogni giorno. Ogni volta che guarderò un match, spererò di poterlo fare. Perciò, mi mancherà terribilmente lo sport, continuerò ad allenarmi e a tenermi in forma. Probabilmente mi verrà di nuovo l’idea di fare un altro match, ecco perché ho detto a UFC di togliermi dal programma di USADA, così non sarà facile come dire che combatterò il prossimo mese. Dovrei reinserirmi nel programma dei test, perciò sono ufficialmente ritirato su tutti i fronti. Credo in me stesso, e credo che potrei ancora battere quella gente. Io so che potrei battere chiunque lì fuori. E mia moglie non voleva che lo facessi più. Mi ha pregato di non farlo più. E ho accettato il match di Londra a marzo, ed ero contento di farlo, poi l’accordo non si è concluso. Perciò probabilmente è stata una benedizione sotto mentite spoglie. Sarebbe stato un finale perfetto, presumo, combattere contro una leggenda come Georges St-Pierre al Madison Square Garden, perdere la cintura e poi dire ‘io mi ritiro’. Questo sarebbe stato perfetto. Lo sarebbe stato. Ma innanzitutto, la ragione per cui facciamo questo, accettiamo i match e prendiamo i rischi, è per fare soldi. È per questo che lo facciamo e questo è perché ho iniziato a farlo. Il mio obiettivo quando sono entrato nel mondo dei combattimenti – perché ho lasciato la scuola a 16 anni – era di guadagnare abbastanza soldi dagli incontri per poter andare al college e imparare qualcosa per fare un lavoro decente che pagasse. Questo era il mio obiettivo, ed è andato ben oltre le aspettative. Mi ricordo quando ero a Shanghai mi sono guardato allo specchio e avevo perso tutto il tono muscolare. Ma è andata così, penso ancora che lo avrei potuto battere, se avessi preso una pausa e fatto un training camp appropriato, avrei potuto vincere quel match. Ma i miei complimenti a Kelvin, mi ha beccato e ben fatto. Perciò, nessun rimpianto. Ho sempre saputo che era mio destino diventare campione del mondo, anche quando ero un bambino alle elementari. Già allora lo sapevo. Combattere è l’unica cosa in cui sono sempre stato bravo. Era l’unica cosa che mi importava. È la cosa di cui vado più fiero. Senza combattere per la cintura e senza vincere la cintura sarebbe stata molto più dura per me andar via. Quello che tutti i giovani devono capire è di continuare a lavorare per questo, ogni giovane fighter che c’è là fuori. Nella vita qualunque cosa cercherai di raggiungere, verrai respinto, verrai mandato a terra, ti ostacoleranno. Le persone ti diranno di andar via, che non sei bravo abbastanza. Continuate a lavorare. Continuate a provarci. Non accettate un rifiuto. Io sono la prova vivente di tutto questo.”