UFC 242: CELEBRIAMO L’INVITTO KHABIB E IL CUORE DEL DIAMANTE, MA INTERROGHIAMOCI SUI GIUDICI E SUI CRITERI.

Ciao a tutti. Ieri grazie al favorevole fuso orario abbiamo potuto goderci un PPV numerato in prima serata, con il campione più rappresentativo a difendere il titolo nel main event. Andiamo con ordine.
La main card è iniziata alle 20 italiane con il match nei pesi massimi fra Curtis Razor Blaydes e il daghestano Shamil Adburakhimov, rispettivamente nuero 4 e numero 9 della classifica. Non c’è stato match. Il russo non ha nulla da opporre ai takedown dello statunitense, viene portato a terra a piacere e lavorato in ground and pound, rischia lo stop alla fine del primo round, e viene poi fermato da Goddard nel secondo quando appare esausto e provato, in posizione fetale sotto il martellamento di Razor. Giusto lo stop, delude il daghestano, buona vittoria per Blaydes, che poco aggiunge al suo palmares. Certamente è un buon test per chiunque, ma difficilente potrà mostrare ambizioni titolate, il suo wrestling non può essere paragonato a quello di Cormier, nello striking mostra palesi limiti, e la sua mascella è sospetta.

L’incontro successivo vede opposto il campione di Sambo Islam Makhachev e l’asso del bjj, campione ADCC,  Davi Ramos. Ci si aspettava un match tecnicamente entusiasmente fra specialisti della lotta, un confronto di stili come nei primi UFC, e invece come spesso accade, nei primi due round si sono annullati a vicenda e hanno combattuto in piedi, offrendo poco spettacolo. Nel terzo il russo mette a segno una precisa ginocchiata sull’avversario che lo stava caricando, lo segue a terra e cerca di finire in ground and pound, il brasiliano sopravvive e chiude la guardia, finalmente un pò di grappling, Ramos prova qualche armbar, Islam difende agevolmente, ma non prova mai con convinzione a passare la guardia, probabilmente per scelta, essendo in vantaggio, non vuole prendere rischi. Fa postura, mette qualche buon colpo, più che sufficiente a restare attivo e non farsi rimettere in piedi, e arriva alla fine del match vincendo meritatamente ai punti. Resta il rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato.

Arriviamo così, con un pò di amaro in bocca al co main event, la rivincita fra Edson Barboza e il dragone irlandese Paul Felder. Due grandi striker, inclini a rischiare e dare spettacolo. E’ stato un gran bel match, con buon ritmo, tanti colpi, capovolgimenti di fronte, e tatticamente intelligente. Sul nostro cartellino avevamo 29-28 Barboza, ma ogni round era equilibrato e poteva essere aggiudicato all’uno o all’altro, almeno da appassionati e stampa. Un pò diverso il discorso se parliamo di giudici professionisti. Noi italiani abbiamo ancora chiaro il ricolrdo del furto perpetrato ai danni di Alessio di Chirico. Ancora più recentemente, il verdetto regalato a Borrachina dopo che le aveva prese da Romero. Si è parlato tanto dei verdetti, per Di Chirico si è detto “hanno favorito l’americano”. Per Costa che “vende più lui che il cubano”. Si può sostenere tutto e il suo contrario, sono teorie del complotto, in quanto tali non possono essere dimostrate o confutate. Ma il verdetto di Barboza Felder lascia di stucco alla sua lettura.

Per il primo giudice 30-27 Barboza. Cioè il brasiliano, per questo signore, pagato per giudicare con professionalità ed imparzialità il match, ha vinto tutte e tre le riprese. Benissimo, ci può stare, ripetiamo, per noi Barboza si è fatto preferire nei primi due e ha perso il terzo, in un match equilibrato. Il secondo giudice, pagato per giudicare con professionalità ed imparzialità il match, assegna 29-28 Felder. Cioè ha visto Felder vincere due riprese e perderne una. Ok, andiamo a sentire il terzo. Il terzo giudice, pagato per giudicare con professionalità ed imparzialità il match, assegna 30-27 Felder. Quindi ha visto l’irlandese vincere tutte e tre le riprese. A questo punto non ci stiamo. Come è possibile? Vince Felder, poteva vincere Barboza, ma come si fa a giudicare in modo opposto tutti e tre i round? Non è un aspetto secondario, tantissimi match vanno ai punti, e le decisioni, i verdetti, determinano risultati, classifiche, e in ultima analisi carriere dei fighters. I criteri vengono continuamente ridiscussi, la nostra opinione è che a livello professionistico si dovrebbero usare di più sia i 10-8 per i round netti, che i 10-10 per i round equilibrati. Nel dubbio il rd va dato pari. Un round dominato nettamente deve essere dato 10-8, non può avere lo stesso valore di uno vinto di misura, e soprattutto non si deve aver paura dei pareggi. Meglio un pareggio di una vittoria contestata o di una sconfitta immeritata.

Spledido, semplicemente splendido, il main event. Un autentico emotional rollercoaster fra Khabib, campione più dominante delle MMA odierne, e Dustin Diamond Poirier, campione ad interim dei pesi leggeri.

La prima ripresa ha il marchio di Khabib impresso a fuoco. Dustin viene portato a terra, il fenomeno daghestano gli prende la schiena e cerca subito la neck crank, anche prima di mettere il secondo gancio. Diamond resiste e riesce a rialzarsi, prova a restare in piedi ma la concatenazione travolgente dei tentativi di takedown di Khabib supoera le pur ottime difese del bravo lottatore americano. Diamond subisce la proverbiale pressione e il ground and pound dell’aquila fino alla campana. Khabib sembra un rullo compressore inarrestabile.

Inizia la seconda ripresa e Poirier sorprende il mondo e il campione mettendo a segno almeno tre colpi precisi e potenti, che mettono in grossa difficoltà il daghestano. Mai visto il campione in simili difficoltà. Poirier trasmette la sensazione di poter chiudere il match, si fa predatore. L’upset è nell’aria, l’arena è ammutolita. Khabib con grande intelligenza recupera lucidità, schiva qualche colpo, e riesce a chiudere di nuovo la distanza. Ricomincia il lavoro del Daghestano, incessante, metodico, quasi ineluttabile. Controlla e colpisce per tre minuti abbondanti, probabilmente aggiudicandosi anche la seconda ripresa sui cartellini.

Inizia il terzo round. Stesso copione, Khabib cerca di accorciare per portare a terra l’avversario. Il campione, non sappiamo se per errore, per bravura dell’avversario, o per audace calcolo, si lancia in un attacco alle gambe lasciando la testa esposta. Poirier ovviamente tenta la ghigliottina. E’ in guardia con controllo di braccio e testa, tira con tutte le forze, il collo di Khabib si allunga, sembra sul punto di svenire, prova a girarsi, con l’americano che gli tira il collo con tutta la forza, poi riesce a far postura e a sfilare la testa. E’ l’inizio della fine, Poirier è esausto, ha speso tutto nel tentativo di chiudere la ghigliottina, Khabib passa, prende la schiena, chiude il mata leao e costringe alla resa Poirier. Un incontro bellissimo, due grandi atleti, che a fine match si scambiano le maglie e parole di grande stima e rispetto. Un bellissimo spot per le MMA.

Nell’intervista post match, un Poirier in lacrime si scusa con tutti, con il team e i supporters, per averli delusi. Capiamo perfettamente lo stato emotivo di chi è arrivato al match più importante della carriera ed è stato battuto. Ma nessuno può dirsi deluso da Poirier, ha combattuto come un leone, è andato vicino all’impresa, e ha reso fieri tutti quelli che credevano in lui. Ha già battuto Holloway una volta, probabilmente la miglior mossa per lui è scendere nei piuma e dominare la divisione. Khabib può affrontare finalmente Ferguson o monetizzare un rematch con Conor, o ancora affrontare GSP in uno scontro generazionale che sicuramente venderebbe moltissimo. E’ il suo momento, non si vede nessuno in giro che possa batterlo, come ha giustamente scritto uno dei nostri redattori, Khabib è il Floyd Mayweather delle MMA. Punto.