Andy Hug è stato un moderno samurai.
Il controllo del corpo e della mente; rispetto, sacrificio e disciplina erano i valori incarnati da questo fantastico fighter che morì all’età di 35 anni durante la preparazione di un match.
Ci sono fighter la cui vita è destinata a finire su un grande schermo in un modo o nell’altro. Andreas «Andy» Hug ha impostato la sua vita per diventare uno di loro purtroppo con una tragica conclusione. Un atleta con un alone mistico. Amante della spiritualità , ha guadagnato il rispetto e l’ammirazione di tutti, per il suo carattere e il suo modo di essere, oltre ovviamente al suo spettacolare modo di combattere. Soprattutto in Giappone, dove è stato considerato un “essere superiore” per la sua carriera nel karate e nella kickboxing. Tale era la sua importanza in questo paese che il fondatore di K-1 , Kazuyoshi Ishii, gli conferì il titolo di “Samurai onorario” .
Nel 1996 è stato campione del K-1 World Grand Prix (WGP) .Nei due anni successivi riuscì a raggiungere la finale. Con il suo stile non ortodosso e spettacolare proveniente dal karate è diventato famoso in tutto il mondo. Due colpi in particolare erano considerati il suo “marchio” : il “kakato” o calcio d’ascia e lo spinning back kick con il tallone che andava a colpire la coscia dell’avversario. Durante la sua carriera sportiva ha sconfitto i migliori lottatori della sua epoca, a loro volta icone di questo sport come Jerome LeBanner, Ernesto Hoost, Peter Aerts o Mirko Cro Cop. La sua scalata verso il successo non fu ovviamente tutta rose e fiori ma irta di difficoltà.

Andy Hug nato in Svizzera il 7 settembre del 1964 non conobbe mai suo padre Arthur, un soldato appartenente alla legione straniera che morì in Thailandia in circostanze non del tutto chiarite. Sua madre, Madelaine Hug-Baumann lo vedeva raramente. Pertanto, è cresciuto con i suoi due fratelli con i suoi nonni nella città di Wohlen in Svizzera. A undici anni iniziò la pratica del karate ,più precisamente con lo stile “kyokushinkai”, una delle modalità più praticate( e più dure).
Il giovane Andy Hug ha già sviluppato una filosofia personale basata sull’autoevoluzione controllando la mente e il corpo. Grazie ai suoi intensi regimi di allenamento e alla sua disciplina, a 13 anni ha già sviluppato un talento superlativo e dominato tutti i suoi rivali nelle competizioni amatoriali. Dopo poche settimane vinse il torneo mondiale “Oyama Cup”. Due anni dopo aiutò a fondare una scuola di karate in Svizzera. Era già un membro d’élite della squadra nazionale di karate.
A 20 anni era già un combattente unico nel suo genere, un riferimento nelle abilità tecniche e mentali .

La sua carriera nel karate era già decollata e non c’era modo di fermarla. Uno stile aggressivo, angoli d’attacco imprevedibili e gambe fortissime e sciolte che sembravano spiovere sugli avversari da ogni direzione.
Formazione
Andy ha vinto i campionati olandesi. Quindi la Coppa dei Campioni in Ungheria. Nel 1983, ha gareggiato nel campionato del mondo di karate “kyokushinkai” dove 80 lottatori si sono confrontati in modalità”open” senza limiti di peso a contatto pieno con il ko. La vittoria finale non arrivò ma si piazzò comunque nei top 16. Anni dopo arrivò in finale durante il suo secondo campionato mondiale, un’impresa storica visto che non era mai successo a un combattente nato fuori dai confini del Giappone. Un anno dopo ha guidato la squadra nazionale svizzera per condividere la sua esperienza e confrontarsi con altri atleti.

Considerata conclusa la sua esperienza nel karate kyokushinkai decise di cambiare scuola approdando al «seidokan». Arrivò così l’anno 1993, e il maestro Ishii diede vita alla sua creazione il WGP K-1, torneo per soli pesi massimi che per la prima volta introduceva un regolamento misto con pugni, calci e colpi di ginocchio e un limitato uso del clinch. Andy decise di lasciare il tatami per dedicarsi al ring . Come sempre: con il massimo rispetto e la concentrazione del samurai .
Andy Hug non ha mai evitato di combattere, Un guerriero forgiato da se con duri allenamenti e tante battaglie appassionato della cultura e dei costumi giapponesi. Sempre alla ricerca di pace e tranquillità . Sul ring ha sempre dato il massimo trascorrendo tre anni a gareggiare nel K-1. Vincendo, ma anche conoscendo la sconfitta, come è successo di fronte a Ernesto Hoost o Mike Bernardo, due grandi di questo sport. Ma la persistenza e la resilienza di Hug sembravano essere di un altro pianeta. Nel 1996 ha ottenuto finalmente l’incoronazione come atleta. Il suo più grande successo. Lo svizzero, noto come il “samurai dagli occhi blu” (anche se in realtà erano marroni) mise in piedi l’intero paese giapponese. Conquistò il WGP K-1- la migliore competizione al mondo nella kickboxing- dopo aver sconfitto Van Der Merwe, Ernesto Hoost e Mike Bernardo in finale. Una doppia rivincita senza rancore.

Nei due anni successivi arrivò in finale restando però secondo classificato del WGP K-1. Nel 1997 sconfisse Satake e lo stesso campione Peter Aerts, ma perse la finale contro Ernesto Hoost. Aerts ha conquistato il titolo di campione nella finale contro lo svizzero. In quel momento Andy Hug era il combattente che riempiva gli spalti e trascinava enormi masse di pubblico a riempire gli stadi . Il giovane cresciuto dai nonni era già una superstar. Lungi dall’essere uno «showman», il suo lavoro e la sua umiltà hanno attratto migliaia di fan di K-1. Nel giugno del 2000 ottenne un match a casa (Zurigo) contro il mitico Mirko Cro Cop. Una vera battaglia tra spartani che portò i giudici svizzeri a una split decision (a favore del croato). Un mese dopo fece quello che, inconsapevolmente, sarebbe stato tragicamente il suo ultimo combattimento . Nobu Hayashi avrà sempre l’onore di essere l’ultima vittima del nobile Andy Hug.
Nubi oscure purtroppo avevano messo in ombra il futuro di Andy, già da quando si era separato da sua moglie. Era convinto che, nonostante la sua età, avrebbe continuato a combattere a cercare nuove sfide. Ma la battaglia più dura e, contro la quale non è mai riuscito a prevalere, doveva ancora arrivare. All’inizio dell’agosto 2000, ad Andy Hug fu diagnosticata una leucemia acuta , che da tempo stava distruggendo il suo corpo. Andy non si arrese grazie alla forza che suo figlio , nato da pochi anni , gli ha donato.
«Voglio informarti del mio stato di salute in modo che io possa combattere con te contro questa malattia. È la più grande avversaria di tutte le mie lotte. Ma vincerò», Scrisse a suo figlio.
Andy voleva fare una conferenza stampa quando aveva saputo della sua malattia, per dichiarare di combattere la malattia e di volere tornare nel ring. Ma non era possibile ormai, i medici non glielo permisero.
La sala dell’ospedale per Andy era naturalmente quella sterilizzata e isolata. Ogni sala dell’ospedale ha le targhette su cui ci sono scritti i nomi dei pazienti. Quella di Andy aveva il nome finto, scritto 武道聖矢 Budo Seiya. 武道 budo una delle parole preferite di Andy, che significa “arte marziale”. Seiya era scritto con gli ideogrammi kanji, il nome di suo figlio.

Probabilmente il nome finto sulla porta era solo una precauzione per tenerlo lontano dall’assalto dei fan che altrimenti non lo avrebbero lasciato in pace.
Le pulsazioni del battito cardiaco di Andy, scesero improvvisamente. Kakuda ( arbitro leggendario e capo delle cinture nere del seidokan)e gli amici incoraggiavano Andy incosciente: “Forza Andy”, “Non andare”, “Puoi farcela”. Con le voci degli amici, in quel momento c’era anche la ex moglie,e incredibilmente il suo battito si riprese per tre volte, ma non la quarta. Il dottore disse a tutti. “Facciamolo riposare”. Il suo ultimo combattimento era finito per l’interruzione per ordine del medico, come nei match.
Michael Schiavello racconta che Peter Aerts , uno degli amici più cari di Andy Hug e tra i rivali più duri del circuito K-1, andò all’ospedale di Tokyo quando venne a sapere della malattia, ma era troppo tardi. Quando arrivò Hug era morto. Aerts, tre volte vincitore del K-1 World Grand Prix e che, una volta era considerato il combattente più temuto del pianeta, non poteva contenere la tristezza. Crollò e pianse disperatamente. Lacrime di sincerità. Di rispetto Di ammirazione . Andy è stato cremato in Giappone, e le ceneri sono state mandate nel suo paese natale, Svizzera. Però anche in Giappone c’è la sua tomba, in Hoshun’in a Kyoto.
Hoshun’in è il tempio fondato da Maeda Matsu, la moglie di Maeda Toshiie. Non è aperto al pubblico normalmente. Secondo il sito di Kakuda Nobuaki, che spesso si reca al tempio, la tomba di Andy si trova davanti alle due tombe dei coniugi Maeda.

Perché Andy è così amato in Giappone?
I motivi sono molti,i giapponesi apprezzano gli eroi “non bestiali”. Rispetto a un eroe imbattibile assoluto, che magari vince cento volte su cento gli incontri, preferiscono chi non vince ma non rinuncia mai alla sfida.
Quando ha cominciato a partecipare a K-1, era già vecchiotto rispetto agli alti atleti. Ma questo non lo scoraggio’ anzi, era sempre più determinato che mai a dare il massimo! Andy non ha mai rinunciato, sia nel ring che nella vita propria incarnando perfettamente con le sue azioni e la sua condotta lo spirito del Budo.
Andy Hug era più di un guerriero. Era il “samurai dagli occhi azzurri” . 🙏